Lettera a una persona perbene. Lettera all’anarchico Franco Pasello

Caro Franco, è qualche giorno che ti penso. Stamattina, nel dormiveglia, mi pareva di stare parlando con te. Ti chiedevo che cosa pensavi del mondo di oggi. Tu che da questo mondo manchi ormai da tanti anni, dieci a ottobre. È stato struggente, perché mi sentivo come se tu fossi tornato per farmi coraggio. Avevi lo stesso aspetto un po’ raffazzonato di sempre: il viso, gli abiti…

Mi sono alzata e ho fatto le cose che dovevo, ma mi sei rimasto in testa tutto il giorno e per tutto il giorno ho poi immaginato di scriverti una lettera. Col pensiero ti ho scritto tante cose. Però erano tutte sciocchezze, perché alla fine non c’era proprio niente che avessi davvero voglia di dire, se non… grazie.

Grazie, per essere andato in galera in nome del tuo antimilitarismo.

Grazie, per non avere mai voluto avere un conto in banca.

Grazie, per avere diffuso la stampa anarchica, libertaria, alla stazione di Cadorna e alla Fiera di Sinigallia, a Milano, per anni, ogni settimana, puntualmente.

Grazie, per esserti sporcato le mani, in vita tua, soltanto con la farina – un lavoro dignitoso, quello del panettiere: un lavoro vero.

[…]

Bettino Craxi e Giulio Andreotti (anni Ottanta).

Caro amico, caro Franco, non dimenticherò mai il giorno che mi regalasti L’unico e la sua proprietà, edizione Adelphi. Il volume non era incartato, non sarebbe stato da te. Ma sulla Darsena, a Milano, quel sabato mattina, fu comunque una sorpresa. Perché il solo tramite tra noi, era stato fino a quel momento A. Rivista anarchica, che tu appunto diffondevi e per la quale io all’epoca scrivevo. Ci conoscevamo quindi solo di vista: tu, noto a tutti per la tua storia di coraggiosa militanza; io con tutti altri percorsi e alle prese con tutte altre scelte. Per esempio quella di crescere due figlie in un contesto monogenitoriale.

Ad Aviano, comunque, venni: i bikini sulla costa italiana dell’Adriatico, mentre dall’altra parte si consumava l’orrore della guerra e degli stupri etnici, mi indignavano.

C’eri anche tu, naturalmente. E un nutrito schieramento di polizia. E io, fuori dal mio ambiente e preoccupata che la manifestazione, pacifista, potesse degenerare, mi tenni sulle mie. Tesa, parlai pochissimo sia durante il viaggio di andata e ritorno in pullman, sia davanti alla Base NATO. Con te poche battute. Quel giorno, però, nonostante il luogo e il frangente, da una parte e dall’altra della barricata nessuno andò sopra le righe. Ce ne tornammo tutti a casa senza incidenti – noi liquidati dalla stampa, al solito, come «anarco-insurrezionalisti» – e la guerra in Bosnia ed Erzegovina durò, a prescindere, i tre anni che durò, con gli esiti che tutti sappiamo.

Silvio Berlusconi e Bettino Craxi (1984).

Non avevi la patente, non avevi voluto prenderla. Dopo il lavoro –  il venerdì notte panificazione doppia – recuperato un po’ di sonno, con in spalla il tuo vecchio zaino indiano stipato di Umanità Nova, A. Rivista Anarchica, i libri Eleuthera… inforcavi la bicicletta. Per la diffusione avevi i tuoi punti e giorni fissi, il giovedì Cadorna, il sabato Ticinese… Eri caparbio. Coerente. Di una caparbietà e di una coerenza che solo oggi comprendo fino in fondo. Perché allora, quando ancora c’eri, non fui abbastanza accorta da rendermi conto della portata della tua resilienza quotidiana. Resilienza individuale. Perché tu così ti definivi: individualista.

[E del resto, quali altre rivoluzioni sono davvero possibili se non quelle individuali?]

L’opera capitale di Max Stirner non fu, peraltro, il solo libro che mi regalasti. Fu solo il primo. E in ogni caso non fui l’unica cui, con apparente noncuranza, tu apristi le porte a idee critiche, e proprio perché critiche, considerate sovversive. Questi gesti di altruismo intellettuale e concreto (non di proselitismo) li hai compiuti in punta di piedi, sempre col sorriso sulle labbra, nei confronti di tanti.

Vladimir Putin, Tayyip Erdoğan e Silvio Berlusconi (2005).

Facevi una pizza squisita. A casa tua. A Sesto San Giovanni. E invitavi gli amici. E tra i tuoi amici c’erano anche tanti Rom. Casa tua era piena di Senzapatria, musica e libri anche sui gitani.

Alle mie figlie bambine, una volta che ti invitai a cena, facesti proprio l’impressione di uno zingaro: ne furono affascinate, come sempre lo sono i bambini di fronte a quei “grandi” che non rientrano nella categoria dei grandi da loro esperita. Chi era questo gigante, coi baffi, col maglione bucato? Eri strano e speciale. Eri un giocherellone. Eri “il Franco”.

Roberto Formigoni e Silvio Berlusconi (2013).

Qualche data.

1951: alluvione del Polesine.

1952: nasci a Lendinara, in provincia di Rovigo, e a seguito della catastrofe della grande alluvione i tuoi decidono di emigrare in Lombardia.

A tredici anni sei garzone di fornaio.

1976: per la legge sei “renitente alla leva”. Per i giornali “obiettore totale”. Per gli anarchici – ma tu avresti maturato questa scelta in seguito, durante la detenzione – “non sottomesso”.

Il risultato del tuo essere renitente alla leva, obiettore totale, non sottomesso, fu:

  • Carcere civile di Monza.
  • Carcere militare di Peschiera del Garda.
  • Gaeta.

Quindi gli innumerevoli scioperi della fame per denunciare le condizioni di detenzione alle quali eravate assoggettati. Voi renitenti alla leva “politici” e i Testimoni di Geova.

[…]

Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini (2019).

Caro amico, caro Franco, perché dopo avere preso una così grande distanza dal mondo, perché proprio adesso hai deciso di tornare?

♦♦♦

 

[…] Komm her ins Kerzenlicht. Ich bin nicht bang, die Toten anzuschauen. Wenn sie kommen, so haben sie ein Recht, in unserm Blick sich aufzuhalten, wie die andern Dinge.

Rainer Maria Rilke, Requiem für Paula Modersohn-Becker. Für eine Freundin.

♦♦♦

Come Rilke, anch’io non ho paura di guardare in faccia i morti. Se in questo momento hai voluto ritornare quaggiù, hai il diritto di stare nei miei pensieri con la stessa forza del reale che mi circonda. Perché la memoria di te è viva, reale, tanto quanto vivo e reale è il sordido mondo di ieri e quello attuale.

Perché persone come te sono sempre esistite e sempre esisteranno.

Gente misconosciuta. Gente coerente con le proprie idee di pace e libertà. Rivoluzionari. Le persone perbene.

L’unica Patria a cui voglio continuare ad appartenere.

Come Rilke, perciò, ti chiedo di farti avanti, di venire alla luce. Che possa vederti, amico mio…

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Corriere_repubblica_1946.jpg

… E ti ho visto. Mentre andavo al mercato a comprare la verdura. Stamattina 29 maggio, un sabato qualunque come quelli di tanti anni fa, a Sinigaglia.

Dopo essermi alzata, vestita e avere fatto colazione, mentre camminavo lungo il marciapiede, sei comparso all’improvviso alla mia destra, qui in Germania, dove sono adesso: su una collinetta un uomo e un bambino stavano facendo volare un aquilone.

 

P.S. In copertina: Franco Pasello.

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