I conti della serva

La sera, intorno alle 19.00, qui a casa guardiamo Rai News24. Prima. Poi si guarda il telegiornale tedesco Tagesschau (ARD).

Tutte le sere mi arrabbio. Ogni sera il mio Paese, visto dalla Germania, figura come una specie di Giovanni delle Bande Nere sprofondato in un mare di chiacchiere confuse e cialtrone, tra disastri ambientali, femminicidi, bambini violentati, depistaggi, arresti.

Corruzione. Corruzione dappertutto, che vien da pensare che Mani Pulite più che demolirlo, il Sistema abbia contribuito a perfezionarlo.

E in questa babilonia sempre meno lavoro. E quando il lavoro c’è, sempre più malpagato. Ed elezioni dove il Popolo Sovrano (di che?), scegliendo scorciatoie tristemente note, premia l’Uomo Forte (di che?).

Ph. by Pieter Hugo, portraits series from Ghana’s Agbogbloshie dump (in Permanent Error, 2011).

Gli ideali e il lavoro: quanti anni ho passato a cercare di conciliarli? Alla fine, devo ammettere che non ci sono riuscita. Perché in Italia, se cerchi di far quadrare i conti, per esempio lavorando da libero professionista, vivi male, malissimo: metà dell’anno sgobbi per lo Stato, l’altra metà, e non è detto che sia tutta, per cercare di tirare avanti in qualche modo. Ogni giorno un attacco di bile. Perché in Italia hai solo due possibilità: o paghi le imposte fino all’ultimo centesimo, e allora prima o poi la partita Iva la chiudi, oppure rubi. Lo sanno tutti, dall’idraulico al dentista alla collaboratrice domestica. Io la partita Iva l’ho chiusa. E sono emigrata “in prova”. Alla mia età. In Baviera.

Ph. by Pieter Hugo, portraits series from Ghana’s Agbogbloshie dump (in Permanent Error, 2011).

Shakespeare ci aveva proprio preso, ci aveva rappresentati bene, noi italiani. Quanto siamo corrotti e corruttibili io posso testimoniarlo solo per una manciata di lustri. In questi ultimi vent’anni sono saltate fuori tutte le magagne di decenni di malgoverno, praticamente dal dopoguerra. Posti di lavoro statali e non, pensioni di invalidità fasulle, privilegi elargiti a piene mani da politici perennemente in campagna elettorale (quanti governi sono caduti?), ai quali del futuro del Paese non gli importava un accidente.

Se non sono morti, sono ancora tutti lì, quei politici, col loro seguito di parenti e amici e amanti, regalie e liquidazioni e pensioni d’oro.

Quando di recente ho sentito che Formigoni lo hanno arrestato, non mi sono dispiaciuta per niente. L’unica cosa che mi è dispiaciuta è che ne abbiano arrestato solo uno, e che si sia andati tanto per le lunghe. Troppo. Nel Belpaese i reati, prima di essere accertati, fanno difatti in tempo a cadere in prescrizione (leggi Andreotti) e, se per caso così non fosse, certuni di Lor Signori arrivano a essere talmente in là con gli anni, che per loro le porte del carcere non si apriranno mai (leggi Berlusconi).

[Però tutti quanti d’accordo, in coro, non importa il partito, a gridare vergogna, che vergogna queste “Toghe Rosse”.]

Last but not least il “nuovo” governo, che quanto ad affari di giustizia, pur spacciandosi per il Governo del Cambiamento, rinverdisce le italiche tradizioni e coerentemente salva il Salvini. Che, da Ministro, sul caso Diciotti avrebbe fatto solo gli interessi del Paese.

Interessi cogenti. Che poi sarebbero:

basta migranti (fanno eccezione, forse, i torturati doc, ma preferibilmente donne e bambini… e comunque i migranti economici no di sicuro).

Donde la soluzione geniale:

blindiamo i porti.

Discorsi da bar?

No, discorsi osceni. Buoni a rintronare l’esercito di ignoranti, e quindi barbari – con tutto il rispetto per i Barbari di scolastica memoria – che sta dilagando in Europa. Quella stessa Europa Nobel per la Pace 2012 (tsk!).

Discorsi da bar sono proprio i tuoi, ribatterà probabilmente qualcuno.

Eh sì, perché la complessità è complessa, mica me la posso cavare così.

Concordo. Se penso che i nostri politici millennial e no, Renzi in testa, quando hanno qualcosa da dire si affidano ai social… facile, veloce, strategicamente diseducativo… sì, meglio non prendere esempio.

Ph. by Pieter Hugo, portraits series from Ghana’s Agbogbloshie dump (in Permanent Error, 2011).

Intanto mi sto abituando. Non alle notizie che arrivano dal mio Paese. Mi sto abituando all’organizzazione che la Baviera, a differenza dell’Italia, mi offre. Un’organizzazione del quotidiano che dopo tutti questi anni di disservizi a casa mia, per certe cose mi fa tirare un respiro di sollievo, ridandomi al contempo anche un po’ di speranza.

Se a casa mia, tra i bei monti dell’Appennino ligure, devo per esempio combattere per sapere se l’Arpa effettua regolarmente, e con che esito, i controlli di quella precisa discarica messa in sicurezza alcuni anni fa, e che non si sa bene ancora oggi con chiarezza cosa contenga; se d’estate devo chiamare il sindaco del mio Comune perché mandi a svuotare il cassonetto, che straripa attirando animali di ogni genere e che non è mai stato lavato; se alla fine dell’estate la Trebbia, giù a valle, è ridotta a una discarica a cielo aperto e bisogna bonificare i tornanti di montagna dalle lattine che certi atletici ciclisti si sono lasciati alle spalle una pedalata via l’altra… qui in Baviera, l’impegno per cercare di affrontare concretamente – e non è facile per nessuno – alcune problematiche contemporanee, comincia dall’alto: dalle leggi e dai controlli. E soprattutto dal coinvolgimento altrettanto fattivo della popolazione.

Di che cosa sto parlando? Sto parlando dei conti della serva.

Ph. by Pieter Hugo, portraits series from Ghana’s Agbogbloshie dump (in Permanent Error, 2011).

Prendiamo la questione del riciclo, in particolare il riciclo del vetro, vetro che sicuramente può rappresentare oggi una valida alternativa alla plastica.

Cosa si fa, in Baviera, per incrementarne l’uso e il riuso?

Per esempio si fa che tutti supermercati (Rewe, Kaufland ecc.), tutti i vari rivenditori di bevande Franky sul territorio, se decidi di riciclare, ti pagano. Per ogni bottiglia del latte restituita, o di acqua o di birra, il supermercato ti rende a sua volta dai 15 ai 25 centesimi: denaro sonante o scontrino da scontare alla cassa poi, sulla spesa. Il che, per una famiglia di tre, quattro, cinque persone, facendo le somme e tirando una riga significa un risparmio neanche tanto piccolo. Qualche volta a conteggiare sono degli addetti, più spesso appositi macchinari installati nei punti vendita.

Nei supermercati girano tutti con la sporta appresso, che mentre a Milano – la Milano da Bere – non ci si pensa, perché probabilmente non è abbastanza fashion, da queste parti è la normalità.

Nei supermercati, inoltre, non si usano guanti: frutta e verdura si imbustano direttamente a mani nude, che tanto comunque a casa lavi, bolli, stufi, friggi, peli…

Sbagliamo noi o sbagliano loro, i tedeschi della Baviera?

Propendo per la prima ipotesi.

Perché:

  • da quant’è che in Italia è “assolutamente proibito” toccare frutta e verdura con le mani? Si è sempre fatto. Forse che prima si moriva di più per questo?
  • in questi ultimi decenni i guanti ci hanno forse protetto dall’Escherichia coli e da tutte le altre epidemie che hanno interessato anche il nostro Paese?
  • tutti quei guanti che consumiamo a milioni, dove vanno a finire? Nei nostri mari, negli Oceani, in Africa, in Cina? Nelle aziende quotate in Borsa della mafia? Nel nostro piatto sotto forma di cibo contaminato?

In ogni caso, guanti o no, se si tratta di pesticidi, sofisticazioni alimentari, biologico farlocco e compagnia bella, a quanto pare non siamo proprio secondi a nessuno. Ne sanno qualcosa i NAS.

Ph. by Pieter Hugo, portraits series from Ghana’s Agbogbloshie dump (in Permanent Error, 2011).

Il quesito, a questo punto, sorge spontaneo: perché in Italia non siamo capaci di implementare una filiera del riciclo efficiente?

E l’altra domanda, cruciale, e che a farsela non si sbaglia mai: cui prodest?

Ph. by Pieter Hugo, portraits series from Ghana’s Agbogbloshie dump (in Permanent Error, 2011).

 

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