Sanità: Germania vs. Italia

Credo che il primo comandamento di un giornalista sia di raccontare quello che ha visto e verificato di persona. Forse non esistono occhi obiettivi, ma raccontare un’esperienza ancorandola a elementi oggettivi, per esempio delle date, può essere uno dei criteri per tentare una corretta informazione.

Il riferimento alle date non è, in questa circostanza, a caso. Per quanto riguarda la salute, i tempi sono cruciali: una diagnosi tempestiva può, infatti, salvare la vita.

Karine Jollet, “Hommage à l’hypophyse” (2011).

3 Gennaio 2019 (giovedì)

È qualche giorno che non mi sento bene, così ieri i miei ospiti tedeschi hanno insistito per fissarmi un appuntamento con il loro Allgemeinarzt, cioè l’equivalente del mio dottore generico in Italia – il mio codice fiscale, come quello di tutti i miei connazionali, funge ora anche da tessera europea di assicurazione malattia: in caso di emergenza è possibile, cioè, accedere all’assistenza medica in tutti i paesi della UE.

La visita con il Dottor X inizia alle 11.30 e si svolge in questo modo.

  • Espletamento della parte burocratica con la segretaria.
  • Incontro col medico. Descrizione dei sintomi. Breve anamnesi.
  • Dopo l’anamnesi, il Dottor X effettua personalmente il prelevamento di alcuni campioni del mio sangue, dell’analisi dei quali potrò ritirare i risultati domani, direttamente presso il suo studio.
  • Successivamente il medico mi propone una ecografia per controllare tiroide e organi interni. Mi fa sdraiare sul lettino e procediamo immediatamente. Sembra tutto a posto, a parte… l’utero.
  • Appena dopo, in un’altra stanza, una assistente del medico mi prepara ed esegue un ECG (Elettrocardiogramma). Poi mi sottopone a una serie di prove di respirazione con l’ausilio di un macchinario che, ammetto la mia ignoranza, non ho mai avuto modo di vedere prima d’oggi.
  • A conclusione della visita, ho una prima diagnosi, sebbene parziale – per gli esami del sangue devo infatti aspettare domani. Il Dottor X mi consiglia di vedere al più presto un ginecologo. Dato che per questo tipo di specialista, così come per il dentista, in Germania non c’è bisogno di alcuna richiesta di trasferimento obbligatoria (Überweisung), posso procedere anche subito. Alle 12.30 è tutto finito. Ringrazio, saluto, mi chiudo alle spalle la porta dello studio del Dottor X (Praxis) e recupero la bicicletta.

Una volta a casa, sono ancora i miei ospiti tedeschi a venirmi in soccorso. Conoscono una brava ginecologa a Norimberga, possiamo provare a sentirla. Mi assicurano che anche in questo caso potrò continuare a usare la mia tessera di assistenza sanitaria europea, non si tratterà di una di quelle visite che in Italia qualifichiamo come “private”, ossia a pagamento (spesso senza ricevuta). Dunque chiamiamo. Al telefono, dopo avere ascoltato la descrizione del problema, la ginecologa di Norimberga ritiene che, visto che devo assolutamente tornare in Italia per questioni urgenti, si possa procrastinare. Certo, è importante vedersi presto, ma stando a quanto le ho riferito, mi rassicura: un paio di settimane non faranno alcuna differenza.

4 Gennaio 2019 (venerdì)

Ritiro gli esiti degli esami del sangue fatti ieri. Il Dottor X mi preannuncia che è tutto a posto. Bene, mi sento sollevata. Commentiamo brevemente il prospetto, ringrazio, saluto e vado.

5 – 15 Gennaio 2019

Sono in Italia, dove però continuo a sentirmi poco bene. Mi dico che probabilmente si tratta solo di stress, quest’ultimo periodo è stato infatti piuttosto “intenso”.

Annelies Slabbynck, “Arm -Prosthesis”. Vintage gloves, embroidery yarn (2011).

16 Gennaio 2019 (mercoledì)

A sorpresa, la mattina dopo il mio rientro in Germania, avviene un fatto imprevisto: comincio a sanguinare. Non molto, ma abbastanza da indurmi a richiamare subito la ginecologa di Norimberga. Sono fortunata, una sua paziente ha appena disdetto l’appuntamento previsto per l’indomani pomeriggio. Può andarmi bene prendere il suo posto alle 18.00?

17 Gennaio 2019 (giovedì)

Arrivo allo studio poco prima delle 18.00. Sono l’ultima paziente della giornata, l’assistente della ginecologa è già tornata a casa, l’espletamento delle pratiche burocratiche è quindi ridotto all’essenziale di poche fotocopie il cui contenuto potrò perfezionare al telefono domattina, alla riapertura della segreteria. Come col Dottor X, anche con questa dottoressa partiamo da una anamnesi, questa volta specifica. Seguono quindi la visita e una ecografia transvaginale. Al termine la ginecologa, che pure mi ha illustrato ogni fase delle procedure eseguite in tempo reale, sintetizza in dettaglio la situazione. Il punto fermo è che al momento non può fare alcuna diagnosi: a suo parere è necessario procedere a una biopsia. Per la sua reputazione, ma soprattutto per come l’ho vista muoversi, decido d’istinto di mettermi completamente nelle sue mani. Non perdiamo tempo, adesso si tratta solo di ragionare sul dove e sul quando sarà possibile intervenire. La ginecologa mi propone un day hospital al Krankenhaus Martha-Maria di Norimberga, un ospedale nato, come scoprirò più tardi documentandomi, nel 1889 da una sorellanza (Zusammenarbeit) molto speciale. Visto che lei lo tiene in grande considerazione, per me va bene. Per il “quando”, la dottoressa mi chiede invece un po’ di tempo. Quanto? Fino a lunedì.

21 Gennaio 2019 (lunedì)

Come d’accordo, la ginecologa ha già fissato per me la visita pre-intervento e il day hospital. Ho le date: 22 e 23 gennaio. Cioè domani e dopodomani.

Anne Mondro, “Crocheted Wire Anatomy” (2016).

22 Gennaio 2019 (martedì), Krankenhaus Martha-Maria, Norimberga, ore 10.00.

La visita pre-intervento è un mix di cose. Sicuramente un altro prelevamento di sangue, le urine, un’altra ecografia transvaginale, un altro ECG, l’incontro con l’anestesista. Una serie di informazioni relative a eventuali allergie e altro. La spiegazione particolareggiata dell’intervento. Pratiche burocratiche. Tutto si svolge però senza interruzioni: come stabilito, dalle 10.00 in poi gli operatori sanitari si dedicano soltanto a me, alla paziente, rispondendo con disponibilità e gentilezza (quasi sempre in inglese) anche ai miei quesiti. A mezzogiorno sono libera.

23 Gennaio 2019 (mercoledì), Krankenhaus Martha-Maria, Norimberga, ore 11.00.

Sono pronta. Di sopra ho indossato il camice dell’ospedale, mi hanno messo in un lettino e coperto con un piumino a fiori. Gli aghi, sì anche, ma sempre gentilmente, sorridendo e chiacchierando senza esagerare. Ora in ascensore e in un attimo sono di sotto, nella stanza che precede la sala operatoria. Mi prende in carico una piccola équipe: il giovane uomo che mi aiuta a trasbordare sul letto operatorio mi informa di essere rumeno, la giovane donna che mi sta preparando per l’anestesia immagino invece sia tedesca, perché è bionda e ha gli occhi azzurri. Naturalmente è solo un cliché, questa donna dal tocco così lieve potrebbe venire da qualsiasi parte del mondo. Infatti mi domanda se sono nervosa in un ottimo inglese. Dietro di me c’è qualcun altro. Non posso vederlo, ma mi raccoglie i capelli in una cuffia. Ho freddo? Rispondo di no, ma la donna bionda mi scalda ugualmente i piedi con un getto di aria tiepida. Le sono grata, perché invece un po’ di freddo ce l’ho. Arriva il chirurgo, è una donna. Mi sfiora il braccio e mi dice il suo nome. Da ultimo si fa vivo l’anestesista. Non è lo stesso di ieri, ma sotto il berrettino verde ha una faccia simpatica, con gli occhiali. Si china su di me e mi dice «Ah, you are italian. My name is…». Non so perché, ma mi viene da ridere. Gli dico il mio nome e… non ci sono più.

Sarò dimessa, come da tabella di marcia illustratami ieri, a metà pomeriggio. È andato tutto esattamente come mi era stato descritto. Dopo la biopsia sono rimasta in camera, sotto osservazione, per circa tre ore. Quindi, non essendoci complicazioni, mi hanno tolto gli aghi e ho incontrato il chirurgo che mi ha operato. Ai piedi del mio lettino mi ha riferito personalmente dell’operazione, come era andata, quello che aveva rilevato tramite l’apposita telecamera. Per farsi comprendere meglio mi ha anche fatto dei piccoli disegni a biro dell’interno del mio utero. Poi mi ha consegnato due buste, una per me l’altra per la mia ginecologa di Norimberga, contenenti la documentazione relativa al trattamento effettuato (ambulanter Behandlungsbericht). Mi ha ribadito le raccomandazioni postoperatorie e, cosa per me ben più importante, mi ha confermato la data di invio, direttamente alla mia ginecologa, degli esiti delle analisi istologiche: una settimana a partire da oggi, il 30 gennaio prossimo. Ringrazio, saluto e vado di là, nel grande e lindissimo bagno, a rivestirmi. Fuori fa molto freddo, forse siamo qualche grado sotto lo zero.

Pascale Pollier, “Apgar Score” (ph. Jamie Myers).

30 gennaio 2019 (mercoledì)

Sempre fissata con le date, facendo un rapido calcolo, tolti i dieci giorni trascorsi in Italia, tutta questa faccenda – dal primo incontro col medico generico alla visita con la ginecologa al day hospital ai risultati della biopsia – è durata diciassette giorni.

Circa tre anni fa ho subito lo stesso intervento in Italia: biopsia all’utero in day hospital all’Ospedale di Piacenza. Allora la trafila durò grossomodo tre mesi. In mezzo ci furono tutte quelle procedure che caratterizzano la sanità italiana: il medico curante che ormai compila quasi solo impegnative e ricette, e ricerche e telefonate per accaparrarsi i necessari appuntamenti con gli specialisti – esami del sangue e delle urine, ginecologo, ECG… di nuovo il medico curante, l’ospedale… – il tutto sempre con l’incubo delle tante, troppe, lunghe liste d’attesa, che i comuni mortali come me conoscono fin troppo bene. Va però riconosciuto che se si ha una buona assicurazione o ci si può permettere di sborsare dei bei quattrini per tutte le visite di cui si necessita, allora anche in Italia le cose vanno in tutt’altra maniera. No problem, “privatamente” si risolve in un batter d’occhio. Sì, più o meno come in Germania.

Comunque sia, a dispetto dei modi e dei tempi dell’assistenza sanitaria nel mio Paese, a fine corsa, tre anni fa, i risultati di quella biopsia furono negativi.

Damien Hirst, “Lullaby, the Seasons Spring” (2002).

 

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